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Aggiornamento sui mercati 10 agosto 2011 - il commento dell'A.d. Di Fideuram Investimenti
bon.cla il 11 Aug 2011 - 07:13 |
Nel corso degli ultimi giorni stiamo assistendo ad una violenta correzione dei mercati azionari paragonabile per entità a quella che ha caratterizzato le settimane successive al fallimento di Lehman Brothers nell’autunno del 2008. A differenza di allora però non vi sono per il momento indicazioni dall’economia reale e dalle società di un deterioramento del quadro congiunturale compatibile con un ingresso in recessione dell’economia USA e delle altre principali economie avanzate, mentre nel mondo emergente i segnali di rallentamento sono ancora piuttosto contenuti. Siamo quindi in presenza di una significativa disconnessione tra l’andamento dei mercati e i fondamentali macro che può essere fatta risalire a tre fattori:
 
   1.  Nel corso delle ultime settimane lo scenario di crescita per l’economia USA ha subito una sensibile correzione al ribasso originato, come avevamo già scritto, in primo luogo dalla revisione dei dati di contabilità nazionale diffusa a fine luglio. Questa revisione è stata importante perché ha mostrato che l’economia USA dopo un recupero piuttosto sostenuto nella prima fase di uscita dalla recessione ha rallentato significativamente nella seconda parte dello scorso anno, per poi quasi arrestarsi nel primo semestre del 2011, quando la crescita media non è arrivata nemmeno all’1%. Va notato, in particolare, che la revisione dei dati non sembra evidenziare un impatto positivo sulla crescita del “Quantitative Easing 2” deciso dalla Fed a inizio autunno 2010 e attivo fino al giugno di quest’anno. In aggiunta alla revisione dei dati sul PIL a inizio mese si è registrata un’altra sorpresa negativa con l’inatteso calo dell’indice ISM di fiducia delle imprese del settore manifatturiero.   E’ però importante sottolineare che i dati al momento disponibili non sono compatibili con un’entrata in recessione dell’economia USA nel breve termine: il nostro scenario di crescita per la seconda parte dell’anno prevede anzi un’accelerazione rispetto ai ritmi registrati nel secondo trimestre  grazie in particolare al recupero dei consumi che dovrebbe essere favorito dal rallentamento dell’inflazione e dal venire meno degli effetti negativi determinati dal terremoto in Giappone (soprattutto nel settore auto). Anche la restrizione fiscale attesa per il 2012 non pare di entità tale, di per sé, da spingere  l’economia in recessione. A tale riguardo va notato che se è vero che in passato l’economia americana si è tipicamente dimostrata incapace di mantenere ritmi bassi di crescita senza entrare in recessione, oggi tutte le componenti di spesa (investimenti residenziali, scorte, spesa in consumi durevoli)  che tipicamente determinano con una significativa contrazione l’entrata dell’economia in recessione sono già su livelli storicamente depressi e quindi difficilmente comprimibili.
 
2.  Il declassamento del debito USA da parte di S&P è importante perché rafforza la sensazione di presenza di poche “munizioni” da parte della politica economica USA nel fronteggiare una possibile recessione rendendone ancora più pesanti gli effetti. L’impatto del downgrade è infatti tale da restringere ulteriormente il margine di manovra della politica fiscale già vincolata dal recente compromesso che ha consentito l’aumento del “tetto” del debito. Se la politica fiscale appare spuntata, in una situazione non molto diversa si trova anche la politica monetaria, dato che la leva dei tassi non è ovviamente utilizzabile.
La Fed comunque non intende restare passiva di fronte al deterioramento delle prospettive dell’economia e l’adozione di un QE3 (magari con misure più innovative di supporto diretto al credito) appare sempre più probabile. Nel comitato di ieri sera hanno già discusso l'utilizzo di varie opzioni disponibili per ravvivare l'economia senza che siano emerse preoccupazioni sull'inflazione e inoltre hanno confermato che la politica monetaria rimarrà invariata fino ad almeno metà del 2013.
 
   3.  Il contagio dell’Italia ha determinato un evidente salto di qualità della crisi del debito nell’area euro con implicazioni sistemiche molto più rilevanti. La risposta delle autorità europee all’estensione della crisi con le decisioni prese nel Summit straordinario del 21 luglio, pur presentando importanti elementi di novità, non è stata sufficiente a placare i mercati. Fondamentale in questa direzione e' stata la decisione storica presa dalla BCE domenica scorsa di comprare titoli governativi italiani e spagnoli. La BCE inoltre ha condizionato, così come avevamo scritto, il proprio intervento a favore di Italia e Spagna, negato in un primo momento nella riunione di giovedì scorso, a misure più incisive di correzione fiscale che sono state accettate dal governo italiano e di cui dovrebbero emergere ulteriori dettagli nel corso dei prossimi giorni. La BCE sta quindi assumendo il ruolo di “prestatore di ultima istanza”, ma al tempo stesso sta agendo come “autorità politica” capace di forzare, attraverso lo scambio con il proprio intervento sui mercati obbligazionari, i governi ad adottare le misure di correzione fiscale e riforma strutturale che sono necessarie perché si riducano i timori dei mercati riguardo alla sostenibilità del debito. 
 
Va anche ricordato che, da un punto di vista aziendale, la reporting season negli Stati Uniti si è conclusa positivamente con pochi segnali di rallentamento emersi dalle trimestrali delle società ed utili e fatturati in crescita più del 10% circa. Solamente alcune aziende   industriali che pubblicano il loro livello di ordini mensilmente, come Emerson Electric o che hanno modelli di business di breve periodo, come Illinois Toolworks, hanno evidenziato un livello di attività non particolarmente brillante nel mese di Luglio ( ma comunque in crescita).  Anche dalle trimestrali di società di trasporti (particolarmente sensibili ai mutamenti di ciclo) come UPS o Federal Express non abbiamo rilevato segnali univoci nel senso che mentre la seconda ha fatto rialzare le stime a giugno, Ups ha notato un rallentamento dei volumi domestici solo nell'ultimo periodo di osservazione. Anche i segnali provenienti dalle vendite settimanali delle principali catene distributive per le ultime settimane di luglio  confermano un quadro abbastanza positivo con una crescita annuale del 4%. Il mercato, però, si è spostato velocemente a prezzare una recessione che, per il momento, è guidata solo dai mercati finanziari e non dall’economia reale. A riprova di questo basti considerare che le valutazioni del mercato americano mai particolarmente elevate, già sottendono una forte recessione degli utili evidenziata dalla forte compressione dei multipli a cui stiamo assistendo. Inoltre, considerando che nei periodi di recessione in media la contrazione degli utili in America è stata circa del 15%, i multipli del mercato azionario continuano ad apparire piuttosto interessanti anche in uno scenario negativo ed in special modo relativamente all’asset obbligazionario che, viste le condizioni di bilancio pubblico dei maggiori paesi industrializzati, non appare esente da rischi.
I mercati smettono di avere il panico quando i Governi e le Banche Centrali iniziano ad andare in panico. Dalla risposta delle ultime ore c'è la speranza che i mercati riprendano a trattare su livelli più vicini ai loro valori reali.
 
Tommaso Corcos

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